Caterina Amadori

Ricordo molto bene l’incontro con Anna (presidente dell’associazione Gocce) e Fabio ( suo marito). Hanno accolto me e Chiara nella loro casa e ci hanno dato tutte le informazioni utili per poter partire, in cambio hanno chiesto solo una cosa: una testimonianza al nostro ritorno dalla Tanzania della nostra esperienza.

Ci è sembrata una richiesta così scontata e facile che senza esitazione e con piacere abbiamo accettato, non sapendo che in realtà raccontare tale esperienza sarebbe stato estremamente difficile.

Sono partita il 26 gennaio 2013, assieme a Chiara, mia cara amica e collega, come ostetrica volontaria presso L’Ospedale St.Francis di Ifakara. Non appena siamo scese dall’aereo l’Africa ci ha travolte in tutta la sua bellezza complicata. Abbiamo viaggiato per 8 ore in un pullman, sul quale eravamo le uniche wazungu (straniere bianche), un po’ scassato, in strade polverose e piene di buche, è stato un viaggio terribilmente bello, nonostante la stanchezza siamo state catturate e affascinate da tutto ciò che vedevamo: paesaggi e animali dai mille colori e profumi.

Ad accoglierci ad Ifakara c’era padre Salutaris, il quale ci ha ospitato nella sua parrocchia per 5 settimane.

È stato un grande punto di riferimento, premuroso, a volte anche troppo, sempre attento e disponibile alle nostre esigenze.

Il giorno seguente al nostro arrivo, assieme a Jessica (infermiera presso il St.Francis) abbiamo sbrigato tutte le faccende burocratiche ed eravamo pronte per lavorare nella sala parto. I colleghi, tutti locali, ti accolgono calorosamente: “Karibuni Tanzania, Karibuni ST. Francis” in primis Mama Kassala, capo ostetrica, che gestisce la sala parto con amorevole cura. Essere un’ostetrica non è facile, soprattutto da neolaureata in quanto pensi di non essere all’altezza e non abbastanza pronta, in una realtà come l’Africa diventa ancora più difficile, perché ti scontri con una cultura così diversa dalla tua che comprenderla e soprattutto rispettarla non sempre è facile. Dai e fai il meglio che puoi con i mezzi e gli strumenti che hai, ti metti in gioco, impari ad arrangiarti, e scopri che puoi dare assistenza ad una donna con davvero molto poco e giorno dopo giorno provi a trasmettere quello che sai, dando il tuo piccolo contributo.
È stato tanto difficile quanto meraviglioso e gratificante e sempre ricorderò quando dopo aver assistito un parto tutti si congratulano con te e con la donna “Hongera” come se foste una squadra che ha dato il meglio e ha vinto una grande partita.

Al di fuori dell’ospedale, dove stavamo per il turno della mattina, abbiamo vissuto alla giornata, quando c’era l’acqua facevamo il bucato e quando c’era la corrente usavamo il computer. Scopri la bellezza di mangiare con le mani, di sbrodolarti mangiando giganteschi e gustosi manghi, di uscire per strada con il buio pesto, alzare gli occhi e vedere un cielo stellato da toglierti il fiato, di farsi attraversare la strada dalle giraffe e dalle scimmie, di essere accolti in tutte le case e non poter rifiutare soda e noccioline anche se è già la terza volta, di giocare e cantare con i bambini che ti aspettano ogni pomeriggio fuori dalla parrocchia e di andare a messa ogni domenica e per 2 ore essere travolti dalla spiritualità e dalla fede.

La Tanzania per me è stata un’esperienza indescrivibile, perché le emozioni che mi ha lasciato nel cuore non si riescono a raccontare, è un paese che in tutte le sue contraddizioni e problemi ti lascia un segno indelebile che ti porta assolutamente a tornarci.

Vorrei ringraziare Anna, Fabio, Francesco, Salutaris e Nyantema che mi hanno dato l’opportunità di vivere questa esperienza. Consiglio assolutamente a tutti coloro che ne hanno intenzione di partire e di immergersi in punta di piedi, con estremo rispetto, in questo bellissimo mondo che ti accoglierà come solo gli africani sanno fare e ti regaleranno molto di più di quello che tu darai a loro.

Io personalmente posso solo dire che ci tornerò ….

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