Viaggio in Tanzania gennaio febbraio 2024
Siamo partite la presidente Anna Fin ed io il 30 gennaio e siamo tornate il 12 febbraio. Tutto molto di fretta, tutto molto intenso.
Aereo fino a Dar Es Salaam (Bologna Istanbul, Istanbul Dar Es Salaam) poi altro aereo fino a Songea dove ci sono venuti a prendere Duurt Huissman (nostro volontario che opera lì da ottobre 2023) e Father Akhil che, insieme al parroco Father Shaiju, gestisce la parrocchia di questo piccolo villaggio a circa 70 km da Songea (e si occupa anche di altre cinque chiese vicine, sub-parrocchie in pratica) . A Songea Father Akhil ci ha fatto riposare in un convento di preti dove non c’era nessuno, ci ha poi fatto visitare la cattedrale, ci ha portato da suore della sua congregazione che ci hanno anche fatto visitare l’ospedale. Poi siamo partiti per Chengena, 70 km di cui gli ultimi in una sterrata e sotto la pioggia. Siamo arrivati alla Parrocchia di Chengena dove Duurt, infermiere volontario di Gocce, vive e lavora nel dispensario che serve il villaggio di Chengena e tanti piccoli villaggi vicini. Natura meravigliosa, alberi giganteschi, terra rossa, pioggia (siamo nella stagione delle piogge), bimbe e bimbi con volti sorridenti, scalzi, sporchi. Benvenuto con canti e kitenge con i quali ci hanno avvolto, Father Akhil e Father Shaiju (il parroco) molto, molto gentili. Father Shaiju, che quando siamo arrivate festeggiava il 40° compleanno, è arrivato qui a 28 anni, è stato 12 anni da solo, da tre anni c’è anche Father Akhil che ha 33 anni. Sono preti indiani del Kerala, missionari. E’ Father Akhil che ha chiesto aiuto alla nostra associazione.
Chengena è un villaggio molto, molto povero, non c’è nulla, tante casupole di mattoni senza intonaco con tetto di lamiera o di paglia, senza vetri alle finestre e spesso senza porta. Baracchette dove forse vendono qualcosa, non siamo mai entrate, una strada sterrata di terra rossa che arriva fino alla parrocchia ( costruzione vera con tetto, camere, sala da pranzo, cucina, chiesa, campanile), scuole che non abbiamo visitato. Abbiamo visto tante bimbe e tanti bimbi che, all’uscita della scuola, con le loro divise blu e camicie bianche e alcune bimbe anche il velo in testa bianco, andavano credo a zappare visto che avevano tutte e tutti una zappa in spalla.
Le abitazioni sono tutte in mattoni senza intonaco, senza finestre, con il tetto o di lamiera o di paglia. Dentro non c’è nulla, come abbiamo visto in una delle case dove una signora che avevamo visto in parrocchia ci ha invitato ad entrare per farci vedere che lei aveva i vetri alle finestre. Nella stanza dove siamo entrate c’erano solo sacchi di riso e di mais.
In parrocchia abbiamo mangiato molto bene, Duurt è molto contento di stare lì. Gli ho portato diversi pantaloni di Piero, mio adorato marito che è morto in novembre 2023, alcuni li ho tenuti e li porto io, due li ha tenuti per sè, gli altri li darà ai ragazzi o agli uomini del villaggio.
Abbiamo anche aiutato Duurt a seminare girasoli in mezzo a file di soia, abbiamo girato a piedi, visitato il dispensario che è davvero messo malissimo, muri sbrecciati e sporchi, tetto in lamiera in alcune stanze bucato da pipistrelli e quindi con una puzza tremenda. Duurt ha detto che quando è arrivato, a ottobre 2023, la prima cosa che ha fatto è stata pulire, pulire, pulire… nel dispensario c’è una dottoressa, nativa di Ifakara (ci ha detto), pagata dal Governo tanzaniano, che abita proprio di fronte al dispensario, una infermiera pagata sempre dal Governo, poi una inserviente e Duurt che è di Gocce e che sovrintende tutto ed è lì come volontario. Padre Akhil ci ha portato in 4 dei 5 villaggi circostanti dove lui tutte le domeniche con la moto va a dire messa qualsiasi sia il tempo e dove ci hanno accolto in tante e tanti con canti, musica, benvenuto con kanga e kitenge con cui ci hanno avvolto. Molto toccanti. Erano tutte e tutti davvero contente e contenti di averci lì. Il dispensario ha davvero bisogno di aiuto materiale oltre che di letti, di strumenti, e di denaro per comprare ciò che serve e che noi Gocce non abbiamo in dono (strumenti e medicinali). Quest’anno abbiamo lasciato loro 1000 euro che aveva donato a Gocce la mia amica Daniela ricordando Piero. 250 euro li hanno usati per comprare stivali per ragazze e ragazzi che devono andare nei campi. Il villaggio e i villaggi vicini infatti vivono di agricoltura. Poi con i due padri e Duurt siamo partiti alle 5 del pomeriggio di sabato (dovevamo partire alle 15) per Kikwawila (piccolo villaggio a circa 15 km da Ifakara), circa 700 km, prevedendo quindi di viaggiare tutta la notte.
Il viaggio lo abbiamo fatto su un pick-up nel sedile posteriore in tre: Anna, Duurt ed io, alla guida Padre Akhil, di fianco Padre Shaiju che, abbiamo imparato, è cugino di sister Joice di Kikwawila.
Sono stata male durante il viaggio notturno, ad un certo punto si è forata una gomma e ci siamo fermati. Io ho potuto riprendermi e i due padri con Duurt e due ragazzi che, molto gentilmente, si sono fermati. hanno cambiato la gomma. Poi, per fortuna, le curve erano finite, eravamo quasi a Iringa, ci siamo fermati a una stazione di servizio che sembrava America (tanto era sfarzosa rispetto a quello che avevamo visto fino a quel momento). Finalmente il mattino dopo siamo arrivati a Kikwawila accolti con gioia e affetto da tutte le suore. Sister Joice il giorno dopo ci ha portato a comprare kanga e kitenge che poi Anna userà per fare i nastri per colombe e panettoni. Dopo aver salutato le suore siamo poi andati a salutare il direttore del Saint Francis Hospital a Ifakara dove il nostro Fabio e 11 medici otorinolaringoiatra andranno a giugno. Abbiamo visitato e salutato anche Padre Salutaris a Bethlehem (centro residenziale per disabili) dove abbiamo visto anche Abu, un ragazzo spastico che seguiamo fin da quando era piccolo, orfano, che, grazie al nostro denaro, sta a Bethlehem e, quando ci sono le vacanze, nell’orfanotrofio di Kikawila, orfanotrofio gestito da una congregazione di preti indiani, che abbiamo visitato anche in questo viaggio. Abbiamo anche visitato il villaggio di Kikwawila, ingrandito rispetto all’ultima volta che ci sono stata, sempre poverissimo. Siamo anche andate, accompagnate da sister Joice a vedere una specie di cava vicino a un fiume, dove due donne spaccavano i sassi a mano con un martello, sassi che poi venivano caricati su un camion. Abbiamo cenato a Ifakara con Said (pittore, caro amico di Gocce) in un piccolo baretto e, dopo aver dormito in Parrocchia, siamo partiti in pullman, al quale ci ha portato alle 4,30 del mattino Padre Salutaris, per Dar es Salaam.
A Dar abbiamo preso l’aereo per Zanzibar dove siamo state accolte dalla nipotina di Anna, Amedea, 3 anni, meravigliosa, figlia di Francesco e di Ashna. Quache giorno di relax, poi il ritorno. Da Zanzibar abbiamo preso un altro aereo, siamo tornate a Dar dove il nostro amico Gabriel ci aspettava con il suo taxi e 10 pacchi di anacardi che gli avevamo chiesto di comprare per noi, siamo state con Duurt, abbiamo mangiato assieme a cena, poi alle due e mezza di notte siamo andate, con Gabriel, all’aeroporto per l’Italia via Istanbul.
Una notazione sugli aeroporti, sia quello di Dar, nuovo, grande (quello che usavano prima è ora adibito a voli interni e da lì abbiamo infatti preso l’aereo per Songea), che quello di Zanzibar, nuovo, un aeroporto internazionale, niente a che vedere con quello che era anni fa quando ci siamo andate Anna ed io: allora era composto da un pista e da una stanzetta con un negozietto e dove ci portarono all’aereo con l’ombrello perchè pioveva. (Marta)
bimbe e bimbi dopo la scuola a Chengena
Chengena
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