Tutto comincia da Gil….
Da 1999 abito a Bologna in via della Beverara 97 di fronte al bar Gil che ho frequentato da anni. Nel 2000 sono stato assunto dall’allora Opera Pia dei Poveri Vergognosi (ora ASP Città di Bologna) come infermiere professionale. Nel 2010 ho preso un’aspettativa di 6 mesi per fare volontariato in Etiopia. L’aspettativa si è trasformata in un part-time verticale: lavorare 6 mesi a Bologna e 6 in Etiopia. Stare in Etiopia per più di 3 mesi è quasi impossibile perché, se non lavori per un’ONG, se non porti tanti soldi e se non sei cinese, te ne puoi andare. Una volta, dopo essere stato tre mesi, sono ‘scappato’ in Kenya per poi tornare in Etiopia, ma nel 2013 mi davano solo 3 giorni per fare le valigie.
Già alcuni anni fa Gil mi accennava dell’Associazione Gocce, ma l’anno scorso quando mi ha visto all’improvviso al bar molto prima del previsto, mi ha detto: ‘Ma perché non vai da Anna e Fabio che abitano lì giù verso il Navile?’. Ci sono andato subito e ho avuto un’accoglienza calorosa. Ancora oggi non riesco capire che l’Africa era sotto casa mia in via Darwin già da tanti anni!
Così dopo i soliti 3 mesi in Etiopia il volo da Addis Abeba non tornava su verso l’Italia ma questa volta mi portava oltre l’Equatore in Tanzania. La Tanzania era come nei miei sogni, un vero paese tropicale con tanto verde con un’immensa natura e la sua gente piacevole ed accogliente. Il paese fatto da Nyerere come Modello Africano, come mi hanno insegnato alle lezioni di geografia a scuola.
Venendo dalla realtà etiope ero subito colpito dai vestiti e dai bagni puliti e l’utilizzo dei profumi. Al mio arrivo ad Ifakara mi sentivo un po’ imbarazzato dalla coltre di caldo e umidità che mi è venuta addosso che per i miei gusti non è paragonabile al clima di Bologna nei mesi estivi.
Mi ricordo tanti dettagli e tante sfumature dei 3 mesi vissuti ad Ifakara. Sono stati mesi intensissimi non solo per il lavoro ma anche per la vita sociale con la gente locale e con i volontari di Gocce con cui vivevo in parrocchia. Essendo nato e cresciuto in Olanda mi considero sposato con la bicicletta e per me è il mezzo più adatto per mettersi in contatto con l’ambiente e la sua gente. Mi ha fatto tanto piacere vedere Ifakara piena di biciclette.
Lavoravo in un reparto di medicina interna dell’ospedale di St. Francis come infermiere di ruolo. In Etiopia mi occupavo solo dell’inventario dei beni mobili dell’ospedale e questo non mi faceva coinvolgere nelle vicende infermieristiche. Al St. Francis mi sono sentito buttato in una realtà abbastanza shoccante con pazienti spesso in condizioni spaventose perché arrivati troppo tardi alle cure mediche. Pazienti giovani che muoiono per le complicanze di malaria e di AIDS.
Gli infermieri con cui ho lavorato non sono abituati a dare il ‘servizio’ (accudire i malati anche nell’igiene) come ci hanno insegnato Florence Nightingale e Virginia Henderson, le madri di tutti gli infermieri. Per motivi culturali questo servizio spetta più ai parenti mentre gli infermieri nel reparto hanno più un ruolo tecnico.
Durante la mia permanenza in reparto sono venuto in contatto con gli studenti infermieri del College che dovevano trascorrere un periodo di tirocinio. Purtroppo mancava qualsiasi affiancamento da parte della scuola e di conseguenza mi sono preso l’impegno di affiancare questi studenti. A causa della mancanza di personale i tirocinanti vengono considerati come manodopera e questo purtroppo porta con se tanti rischi per la garanzia di una cura adeguata per il paziente.
Per questo mi sono messo a tavola con Anna e Fabio per poter creare la figura di tutor per gli studenti infermieri nell’ospedale di St. Francis.
Ne abbiamo parlato con varie persone tra cui il vescovo di Ifakara, il College e organizzazioni già operative nell’ospedale che hanno portato avanti le nostre idee ed infine è stata l’ONG svizzera SolidarMed che ha trasformato la nostra proposta in un progetto che durerà almeno due anni. A metà ottobre lavorerò con contratto per SolidarMed come tutor per gli studenti infermieri di Ifakara e con questo si è realizzato un mio sogno.
Tornerò a vivere in parrocchia con i preti, i volontari di Gocce ed altri che passano e che passeranno ancora perché è importante scambiare idee ed esperienze con tutti coloro che possano contribuire, ognuno con la sua goccia, per aumentare il benessere dei tanzaniani. .
Duurt Huisman (per Gil ‘Dante’)
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