Mentre l’estate 2016 sta per finire, la mia imminente partenza per la Tanzania diventa certezza. Prima volta nell’emisfero australe per me, quella parte del pianeta in cui l’estate stava proprio iniziando. Il caldo è una componente importante di quel paese meraviglioso. Ora che scrivo dall’ Ulaya (l’Europa per la lingua Swahili), non avrei mai pensato che a mancarmi sarebbe stato ben altro, oltre che al clima. Non sapevo esattamente cosa aspettarmi, certo la mia amica e collega Elisabetta mi aveva preparato un po’ su Ifakara, ma, come spesso accade, la realtà è diversa dalle aspettative. Ho sperimentato sulla mia pelle da mzungo (bianca, Europea) tutte le difficoltà della Tanzania, come ho apprezzato e celebrato tutti i lati positivi che invece mi ha dato. Le persone sono disponibili, sempre pronte a salutarti e a curiosare sulla tua vita così diversa dalla loro. Lo stile di vita è diverso dal nostro, vivere e lavorare tra i tanzani significa aumentare il livello della tua pazienza nei confronti della quotidianità. Quante volte nel reparto in cui mi trovavo i visi rilassati dei miei colleghi locali mi hanno detto :“stai tranquilla, calma”. Non ho imparato a farlo del tutto, ma sicuramente ho fatto miglioramenti. Lo stile di vita Europeo non si adatta al loro e una volta capito, tutto diventa più semplice e in discesa. I tanzani amano la pioggia, amano ballare e cantare, pregano Dio. Amano la loro nazione senza guerre interne, dove musulmani e cristiani convivono in pace in una realtà surreale. La vita e la morte si intrecciano in un spirale senza fine, a volte continuano parallele e vicine, altre volte, spesso si toccano. I loro visi privi di espressione sembrano pronti a tutto, ma a volte traggono in inganno. Allo stesso tempo mi hanno sempre incuriosito e affascinato. Così difficili da capire. Mi chiedevo cosa si nascondesse dietro quegli sguardi seri e a volte poco espressivi. Più di una volta le donne che ho incontrato mi hanno dato modo di scoprirlo. Ricordo ad esempio Amina, vicino al termine della sua gravidanza gemellare. Quando venne in reparto lamentando contrazioni le feci la normale visita di ammissione che si fa a tutte le donne che arrivano nel Labourward: misurazione della pressione arteriosa, distanza sinfisi fondo, visita vaginale e così via. Il reperto ostetrico che trovai non mi fece pensare ad un travaglio attivo imminente, così, data la sua pressione poco rassicurante, la diressi verso il reparto di degenza prenatale, in modo da poter essere controllata durante le ultime settimane di gravidanza. Cercai di spiegarmi come potei riguardo al da farsi, lei, in cambio, mi fece un grande sorriso e mi disse un sacco di cose nella sua lingua, forse parlando più a lei stessa che a me. Nei giorni seguenti ogni volta che passai davanti al reparto in cui si trovava ricoverata in attesa, mi chiamò sempre a gran voce per salutarmi e presentarmi alle parenti, parlando in Swahili sempre troppo oltre la mia possibilità di comprenderla. Un pomeriggio, la trovai in sala parto in travaglio attivo. Quando mi vide e capì che iniziavo il mio turno, mi fece lo stesso sorriso che ricevetti un paio di settimane prima. Al sorriso aggiunse “nimerudi bwana “, “sono tornata mia cara”. Il suo terzo e quartogenito furono tra i primi gemelli che aiutai a nascere al Saint Francis Hospital di Ifakara. Ricorderò sempre la mia preoccupazione e apprensione per quel travaglio, in contrasto con la forza incredibile di Amina. Lei, come molte altre donne, non fece trasparire troppe emozioni durante quelle ore di sofferenza, ma percepii che si fidò di me.
Ho imparato tantissimo. Si parte per quelle destinazioni pensando di poter dare una mano, si torna con il bagaglio pieno di insegnamenti, la testa piena di pensieri, il cuore pieno di emozioni, la pelle un po’ abbronzata, i vestiti pieni di terra rossa. Quando le persone mi chiedono com’è l’Africa, non so mai cosa rispondere. Non posso raccontare com’è, ogni paese è unico e a sé. Il modo migliore per farlo è andare, toccarlo con mano propria ed è questo che auguro a tutti. Andate e trovate la vostra Africa, la vostra Tanzania, la vostra Ifakara. Siate i benvenuti, karibuni sana.
Ilenia Mazzoli
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